Prevenzione
La terapia più efficace per il trattamento delle emorroidi dovrebbe partire dalla prevenzione, in particolare quando la malattia emorroidaria dà i primi segni di insorgenza.
Infatti, per ridurre al minimo il rischio di sviluppare la malattia emorroidaria è altamente raccomandabile seguire determinati accorgimenti che riguardano principalmente, lo stile di vita, la dieta e la tonificazione della parete vascolare.
Accorgimenti sicuramente utili sono l’introduzione nell’organismo di almeno 1,5/2 litri di liquidi al giorno.
E’ poi fondamentale curare bene l’igiene della mucosa anale detergendola con delicatezza e assecondare lo stimolo a defecare provando a non trattenersi al fine di non sottoporre ad uno sforzo eccessivo la giunzione ano-rettale.
E’ poi altresì importante intraprendere una dieta ricca di acqua e fibre per mantenersi sempre adeguatamente idratati e favorire la naturale regolarità intestinale.
Dedicarsi ad una leggera attività fisica, che stimoli la funzionalità intestinale prevenendo la stitichezza, è infine sicuramente un ottimo deterrente all’insorgenza e sviluppo della malattia emorroidaria.
Terapia Medica
I pazienti che soffrono di emorroidi possono essere trattati mediante terapia medica utilizzando alcuni preparati che comportano un effetto antinfiammatorio e, di conseguenza, riducono il dolore ed il fastidio oltre che l’effetto infiammatorio direttamente correlato all’insorgenza del disturbo.
I presidi farmacologici utilizzati sono generalmente ad uso topico: i più utilizzati sono i corticosteroidi, in particolare l’Idrocortisone, Fluocinolone, Fluocortolone.
Gli anestetici locali sono un’altra categoria di farmaci ampiamente utilizzata: tuttavia questo trattamento non ha nessuna azione sulla causa d’origine potendo quindi solo aiutare a lenire i dolori associati alla patologia emorroidaria.
La Lidocaina, Pramoxina cloridrato, la Benzocaina e la Dibucaina sono solo alcuni di questi anestetici comunemente utilizzati.
E’ tuttavia fondamentale tenere a mente che l’utilizzo della terapia medica va presa in considerazione per sintomi di un certo rilievo e che ogni tipo di assunzione andrebbe valutata con il proprio medico di riferimento.
Inoltre, nel caso in cui si sia deciso di instaurare una terapia farmacologica è comunque sempre strettamente necessario, come già specificato, adottare uno stile di vita sano ed equilibrato riducendo al minimo gli abusi alimentari e soprattutto cercando in ogni modo di evitare l’assunzione di spezie e cibi piccanti in grado di compromettere ancora di più la situazione.
Legatura elastica e crioterapia. Quando sono necessarie?
La malattia emorroidaria nei suoi primi stadi può rispondere alla legatura chirurgica.
Questa pratica è ambulatoriale e generalmente viene eseguita senza alcuna anestesia.
La legatura risulta pertanto indicata nelle emorroidi di primo grado che comportano qualche sanguinamento e dove lo stile di vita e la dieta non hanno fornito risultati accettabili.
E’ inoltre, sicuramente indicata quando si verifica una prolasso in paziente con secondo grado e in tutti quei pazienti non candidabili alla chirurgia (di solito pazienti molto anziani o compromessi) che presentano un terzo grado (le emorroidi fuoriescono dall’ano e vengono ridotte manualmente).
A seconda del grado della patologia e delle caratteristiche del paziente:
- Può essere legato un solo gavocciolo emorroidario alla volta. In questo caso tra una legatura e la seguente è consigliabile un intervallo di almeno 15 giorni (generalmente si rendono necessarie dalle 3 alle 4 sedute).
- Possono essere legati più gavoccioli in contemporanea, completando così il trattamento in una sola seduta.
Essendo una tecnica ambulatoriale, la legatura elastica delle emorroidi non necessita di ricovero. Tuttavia il suo utilizzo rimane strettamente limitato ai gradi più lievi della malattia, riservando principalmente il suo utilizzo al prolasso dei cuscinetti nella malattia di secondo grado.
Purtroppo appare scarsamente indicata e poco efficace nel trattamento dei sanguinamenti dovuti dalla presenza di emorroidi interne di secondo e soprattutto terzo grado dove altri presidi, come per esempio l’embolizzazione (visita la sezione dell’embolizzazione) appaiono molto più indicati ed efficaci.
Altro intervento utilizzato per il trattamento della malattia emorroidaria è la crioterapia.
Si interviene in maniera circoscritta, senza dover necessariamente coinvolgere la parete del retto.
Lo scopo di questo intervento è inibire l’afflusso di sangue alle emorroidi, alleggerendo la pressione e il gonfiore, fino alla necrosi delle emorroidi patologiche.
Si applica una “sonda criogenica” che agisce ad una temperatura di circa -100 gradi centigradi, per un tempo variabile di pochi minuti (fino a 4) per applicazione.
Dopo avere trattato ad uno ad uno tutti i noduli presenti, si estrae l’anoscopio ed il paziente può subito essere dimesso in quanto anche questo è un intervento eseguito in regime ambulatoriale.
Purtroppo anche quest’intervento, molto efficace per il prolasso emorroidario, risulta a volte di scarsa efficacia per il trattamento dei sanguinamenti delle emorroidi interne.
Interventi Chirurgici
L’intervento chirurgico condotto in maniera tradizionale, secondo le tecniche di Phillips o di Milligan-Morgan, consiste nell’asportazione di una certa parte di tessuto a livello anale.
Quando si opera il paziente avvalendosi di queste tecniche, si esegue un’ asportazione del tessuto emorroidario patologico, lasciando ampi ponti mucosi tra una ferita e l’altra.
Le ferite guariscono andando incontro ad una lenta cicatrizzazione, il che purtroppo può richiedere addirittura 40 – 60 giorni di tempo.
Inizialmente, nella prima settimana, il problema più grosso è il dolore, che può essere particolarmente fastidioso al momento della evacuazione.
E’ quindi necessario ricorrere all’utilizzo sistematico di farmaci per ridurre sia dolore che l’infiammazione, il che a volte è anche ulteriore forma di disagio per il paziente. Purtroppo è indispensabile un’assunzione continua dei farmaci e non solo al momento del bisogno, ma con dosaggi e tempi ben precisi, in modo da bloccare sul nascere l’insorgenza del dolore.
Localmente, può essere applicata una crema anestetica, anche più volte al giorno.
Passata la prima settimana, il decorso va progressivamente migliorando ed il dolore durante la giornata diventa più sopportabile, rimanendo però ancora presente durante e dopo la defecazione.
Un evento presente, anche se fortunatamente non sempre evidente, che va attentamente monitorato e prontamente corretto, è l’insorgenza di uno spasmo muscolare sfinterico, dovuto alla presenza delle ferite chirurgiche.
In questi casi, il dolore si protrae per tutta la giornata e la contrazione dello sfintere anale può portare le ferite a guarire conducendo nei casi più sfortunati ad una temibile complicanza: la stenosi del canale anale.
Altra tecnica ampiamente utilizzata è la Prolassectomia ed Emorroidopessi secondo Longo.
La suturatrice, utilizzando questa tecnica, non fa altro che rimuovere un anello di tessuto circolare, completamente interno al canale anale, riposizionando cosi verso l’alto il tessuto emorroidario.
Grazie a questo tipo di lifting non vengono a crearsi generalmente ferite aperte verso l’esterno, per cui il decorso rimane quasi sempre facilitato.
Il dolore avvertito dal paziente è normalmente meno intenso. Tuttavia, la cucitrice può talvolta comprendere nella sezione alcune fibre muscolari profonde, causando ugualmente un certo spasmo sfinterico.
Può infine rendersi necessario posizionare dei punti di sutura manuali al termine dell’intervento in modo da raggiungere una migliore emostasi: tutto ciò inevitabilmente crea uno stimolo doloroso abbastanza importante a tale livello.
Anche con questa tecnica, quindi, è opportuno ricorrere nei primi giorni all’assunzione di antidolorifici. Non essendoci ferite aperte, l’igiene locale risulta più semplice e le secrezioni sono sicuramente meno copiose che con l’intervento chirurgico tradizionale.
Infine alcuni chirurghi utilizzano un intervento eseguito sotto guida Doppler che prende il nome di dearterializzazione HELP o TDH.
Questo intervento consiste nella pura chiusura arteriosa del plesso emorroidario con ovviamente un decorso effettivamente più semplice: il dolore post operatorio è generalmente limitato e la ripresa funzionale e lavorativa decisamente più rapida.
Purtroppo, come vedremo in seguito, a differenza dell’ embolizzazione la dearterializzazione Doppler guidata non riesce sempre ad individuare tutte le afferenze alle emorroidi, con conseguente riperfusione nel tempo della malattia.
In altre parole, quindi, la malattia recidiva per un nuovo afflusso di sangue e la sintomatologia progressivamente tende inesorabilmente a ripresentarsi.
Sovente, inoltre, si rende necessario dover correggere anche il prolasso mucoso associato alle emorroidi: in questi pazienti le suture interne possono dare dolore più intenso, un importante senso di peso e difficoltà soprattutto all’inizio della defecazione.
Purtroppo, e questo è e rimane il maggiore problema di tutti gli interventi chirurgici sulle emorroidi, queste procedure sono sempre gravate da enormi fastidi e da intenso dolore che richiede inevitabilmente l’utilizzo di importanti dosi di farmaci antidolorifici, oltre che di un relativamente lungo, a seconda dell’intervento, periodo di convalescenza.